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SALOTTO POP

ven 12/04/24 20:00 - Fine aperta

Prima delle boy band (alle quali verranno erroneamente assimilati in guisa di padri putativi), equidistanti dai Monkees come dai Japan, oggetto di isteria al pari dei Beatles, ostracizzati oltremisura da una critica poco incline a perdonare loro successo e avvenenza, titolari di almeno quattro dischi di ottimo glam pop, dati per spacciati mille volte e mille volte sopravvissuti a loro stessi. I Duran Duran sono stati - e continuano a essere - una luccicante anomalia, uno spaccato sociologico talmente immerso nella storia della seconda metà del Novecento da avere una voce a loro ascrivibile (ovvero 'Durannie': persona ossessionata dai Duran Duran) all'interno dell'Urban Dictionary.
 
Perché fu un'ossessione quella che colse un paio di generazioni di adolescenti in giro per il globo. Dalle 12.000 persone pronte a bloccare Times Square per un semplice firmacopie al loro Pete Best (Stephen Duffy, primo cantante dei nostri, poi leader dei Lilac Time e infine produttore di Robbie Williams). Da Lady Diana (fan numero uno) agli eccessi che nulla avevano da invidiare a Rolling Stones o Led Zeppelin. Dal milione di sterline per il video di 'The Wild Boys' - ispirato all'omonimo romanzo di William Burroughs - a quel Alan Curtis che uscirà dal gruppo poche settimane prima della firma del contratto con la EMI per formare i Dif Juz, ovvero - in un immaginario scacchiere musicale - la cosa più diametralmente opposta a loro.
 
Impossibile spiegare a chi non c'era cosa abbia significato il culto Duran Duran durante quel folle decennio.
 
Erano davvero un bluff ('Pop Trash', per citarli) così 'povero' musicalmente? Sono stati solo un caso di allucinazione collettiva? Soprattutto: meritavano tutto quell'odio indiscriminato? E fu solo per vile pecunia che fior di musicisti (qualche nome? Milton Nascimiento, Vinnie Colaiuta, Warren Cuccurullo, Steve Ferrone, Graham Coxon, Giorgio Moroder, Kelis, Mark Ronson, Flo & Eddie dei Turtles, John Frusciante, Justin Timberlake, Greg Bissonnette, Grandmaster Flash, Steve Jones dei Sex Pistols) collaborarono con la band? O che Nile Rodgers è da quasi quattro decenni un membro occulto? Quei cento milioni di copie vendute hanno un valore musicale che esula dalla nostalgica cristallizzazione di un'adolescenza? Insomma: 'fu vera gloria?'
 
Tra storia, aneddoti, scissioni, liaisons, trionfi, cadute, video e canzoni il Salotto Pop proverà a dare una risposta ripercorrendo la carriera di quelli che, per un attimo, furono davvero The Wild Boys.
 
 

Villorba
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